una produzione di
Andrea Peria Giaconia
MEDEA
con Viola Graziosi
uno spettacolo di
Giuseppe Dipasquale
10 marzo 2022, ore 19.30
Chiesa di San Domenico
Palermo
In coproduzione con Teatro della Città Cpt
Segreteria di produzione Manuela Buttiglieri
Realizzazione grafica Giulia La Rosa
Audio e luci Pask Service / Sms Eventi
Scene e costumi realizzati dal Laboratorio TdC - Cpt
Sartoria Sorelle Rinaldi
Si ringrazia
Pietrangelo Buttafuoco
Cesare Biondolillo
Il Maestro Trombettiere della Polizia di Stato
Fra Sergio Catalano Priore del Convento San Domenico
Chiesa San Domenico Palermo
La Direzione Centrale degli Affari dei Culti
del Ministero dell’interno
Note di regia
Giuseppe Dipasquale
Chi è Medea oggi?
Quando insieme a Luciano Violante e Viola Graziosi abbiamo arontato lo
scorso anno Clitemnestra, mi nacque subito l’idea che se la regina tebana
si fosse trovata a vagare nei secoli approdando ai giorni nostri, non
potesse che essere Alda Merini, poetessa e regina dell’anima della
contemporaneità.
Per Medea, che Violante sottopone allo stesso meccanismo di translazione
temporale, l’idea è del tutto opposta. La regina della Colchide è una
leonessa ferita, è l’incarnazione del felino, del femmineo eterno che opera
per giustizia naturale. Ecco, questa nostra Medea è come il felino che
sopprime i cuccioli più deboli e malati per sottrarli alla soerenza della
quasi impossibile sopravvivenza nella giungla degli uomini.
Esistono diverse versioni del mito di Medea, e molte si concentrano sulla
grande colpa della maga: aver ucciso i propri gli. Per Euripide Medea si
macchia del crimine per vendetta; per Pausania, invece, è innocente. Ma la
storia di Medea che è anche lo specchio della società greca e occidentale, è
tuttavia in generale il riesso di tutte le società costituite, che teme e
rigetta il 'diverso', o, come la denisce Violante, l’ estranea.
Quella di Violante vuole essere una Madre, Regina, Maga semidivina che
compie l’eerato gesto infanticida per sottrarre i gli ad una schiavitù,
condannata ad un esilio eterno rinnova l’eeratezza del suo crimine ad un
impietrito Giasone per approdare inne nella terra del fuoco, una terra a
tre punte, la Sicilia, per incontrare altri ‘estranei’ che cercano una ragione al
lacerante dolore della perdita dei propri gli.
Il luogo del primo debutto nazionale dello spettacolo, la Chiesa di San
Domenico a Palermo, è anche il luogo dove riposano le spoglie di Giovanni
Falcone barbaramente ucciso nell’attentato maoso di Capaci nel 1992,
trent’anni da oggi. Un salto nella contemporaneità che permane nell’alveo
di una tragica mitologia e che ha fatto del tragico eccidio maoso, con
l’emblema degli emblemi nella perdita di Giovanni Falcone, un atto dove
“Il divino e l’umano si intrecciano perdendo i conni e laghi di sangue si
scoprono negli sterminati campi di grano”.
Note dell’autore
Luciano Violante
Palermo, 1992-2022
Le persone che furono uccise in quella tragica estate, tutte insieme,
non gradirebbero lacrime da anniversario. Loro appartengono ai giusti,
quelli che esigono rigore nel ricordo e responsabilità nell’impegno,
perché il rigore regala sobrietà e l’impegno trasforma il ricordo in azione.
Questa Medea ha ucciso i gli per evitare loro una sorte da schiavi;
guarda perciò incredula ad una Sicilia che ha ucciso quei gli che
volevano evitarle la schiavitù. Ma il baratro non è l’unico destino possibile.
Sole, mare e montagna, le grandi forze della natura che nella Sicilia si
intrecciano, danno coraggio a Demetra, dea della rinascita, aiutano
Persefone, liberata dall’Ade, restituiscono speranza a Medea, mettono in
fuga Dioniso, dio dell’ebbrezza e della morte. Saranno tre donne, Medea,
Demetra e Persefone, a guidare i giusti per il riscatto della loro terra.
1992-2022
Ecco i martiri di quella tragica estate
Paolo Borsellino
Agostino Catalano
Eddie Walter Cosina
Rocco Dicillo
Giovanni Falcone
Vincenzo Li Muli
Emanuela Loi
Antonio Montinaro
Francesca Morvillo
Vito Schifani
Claudio Traina
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